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CINEMA E SESSUALITÀ

Nella sua ultima intervista, Pauline Kael ha dichiarato: «Penso che la ragione per cui la gente si interessa al cinema sia per metà il sesso e il darsi appuntamento e tutto ciò che è connesso all’erotismo sullo schermo. E penso che non affrontare tutto ciò nel modo più diretto sia equivalso a evitare una parte di ciò che significa essere un critico cinematografico. Vorrei aver scritto di più sull’erotismo nel cinema. Penso sia un grande soggetto». Ossessione tra le più riconoscibili della modernità – se è vero che siamo giunti addirittura «a chiedergli cosa siamo», come sosteneva Foucault – il sesso non poteva che svolgere un ruolo nevralgico nella storia del cinema, che della modernità è figlio. Nondimeno, l’asserzione di tale centralità è una conquista recente degli studi, né poteva essere altrimenti dato il modo in cui il sesso è stato confinato a un novero di discorsi limitato e controllato, rimanendo in particolare a lungo escluso dalla lista degli argomenti reputati degni di indagine scientifica (come, del resto, è accaduto per il cinema stesso).
Ho dedicato a diversi aspetti di questo «grande soggetto», così intimamente connaturato con il cinema nel suo complesso, la maggior parte dei miei studi, iniziando in anni in cui nell'università italiana incontrava ancora resistenze (oggi in buona parte dissipate), soprattutto laddove se ne volesse fare la chiave di lettura di un autore di primo piano come Luchino Visconti, su cui ho lavorato a lungo in questa prospettiva.
Contestualmente ho affrontato questioni legate al corpo e al gender nel cinema di Stanley Kubrick, Brian De Palma, Terry Gilliam, Edgar Reitz [Maria, Clarissa e le altre…], David Cronenberg [Polimorfi ma non perversi…] e Alfred Hitchcock [Cherchez la mère. Vertigo tra melodramma e trauma], del quale ho studiato a fondo in particolare il rapporto istituito tra sessualità, malattia e morte in Psycho (Psyco, 1960) [Alfred Hitchcock. Psyco], nella convinzione che abbia colto (meglio di altri e con insospettabile profondità) processi culturali a tal punto nevralgici della modernità occidentale da originare una serie mai interrotta di riscritture che ne hanno rilanciato l’efficacia euristica nonostante il mutare dei contesti. Tali riscritture sono l'oggetto di un secondo libro, Nell’ombra di Hitchcock, e di un articolo dedicato alle varianti televisive [Do you (really) believe in evil?…].
Studiando questi temi, oggetto di una lunga storia di censure e limitazioni, è poi inevitabile il confronto con il genere limite della pornografia che si è storicamente assunto un ruolo compensativo. Mi sono interessato in particolare alle relazioni tra pornografia e cinema istituzionale, in termini di estetica della ricezione [Quadri piccanti e spettacoli indecentissimi…] e delle diverse forme di imitazione e di rincorsa reciproca, quale si può vedere attuata nella parodia [A Story of Love and Blood… e Il fumetto italiano per adulti e il cinema…] o nel tentativo, da parte del cinema mainstream, di contravvenire ai tabù permutando alcuni aspetti del cinema pornografico. È il caso del primo timido avvicinamento alla pornografia da parte del cinema di animazione italiano, Il nano e la strega (1975) di Gibba e Libratti [Quando l’animazione italiana tentò la via del porno], e della rappresentazione senza simulazioni del rapporto sessuale a partire dagli anni '70 [cap. 8 di Omosessualità e cinema italiano e Dall’abiura di Pasolini all’Hard-core Art].
Negli ultimi anni ho concentrato le ricerche sui rapporti tra cinema italiano e omosessualità, approfondendo alcuni spunti delle ricerche su Visconti e studiando alcuni casi esemplari molto diversi tra loro, a partire da Comizi d’amore (1964) di Pasolini [Parlavo vivo a un popolo di morti…]. Su questo argomento, rimasto scoperto benché parte cruciale di quel processo di progressiva erotizzazione che ha caratterizzato, forse più di ogni altro, lo sviluppo del cinema italiano tra gli anni '50 e gli anni '70, sono seguite alcune riflessioni preliminari in forma di saggio – particolarmente sugli anni '50 [Del tutto sconsigliabile per il nostro pubblico…] e sulla cultura cattolica [Cattolici, cinema e omosessualità…] – e di interventi a convegni, compreso quello su La censura dell’osceno in Italia tra gli anni ’40 e gli anni ’70 che ho organizzato presso l’Università degli Studi di Milano nel 2015 insieme a T. Subini, con cui ho anche curato il primo numero della rivista Schermi, dedicato a I cattolici, il cinema e il sesso in Italia tra gli anni ’40 e gli anni ’70.
Il successivo volume Omosessualità e cinema italiano (edizione italiana, riveduta e accresciuta, di Homosexuality and Italian Cinema) tenta di elaborare un modello di storia culturale dei rapporti tra omosessualità e cinema che non si fermi alla valutazione delle modalità di rappresentazione, ma coinvolga una molteplicità di altri elementi relativi a ogni aspetto dell’istituzione cinematografica, dalla organizzazione industriale al pubblico, dalla censura alla critica al divismo, con tutte le conseguenze che in ciascun caso si sono avute sulle negoziazioni tra saperi dominanti, cultura popolare e rappresentazioni stesse.
L’ultimo capitolo del libro è dedicato a un primo studio delle riviste legate al movimento omosessuale italiano, e il modo in cui la sessualità permea il discorso critico è un altro aspetto di cui mi sono occupato, ricostruendo il caso emblematico della rivista inglese Films and Filming [Una rivista equilibrata per spettatori intelligenti…] e quindi affrontando un pioniere della critica cinematografica come Parker Tyler [Desiderio e allucinazione…], di cui ho tradotto in italiano il primo libro, Hollywood Hallucination, uscito nel 1944. Per il caso italiano, sto attualmente lavorando su forme di critica marginale quanto a posizioni politiche, perifericità delle sedi di pubblicazione e ristrettezza del pubblico di destinazione. Oltre alle riviste legate ai movimenti di liberazione omosessuale a partire dagli anni ’50, è il caso delle riviste dell’estrema destra laica sin dall'immediato dopoguerra, nel cui immaginario la sessualità, e una certa idea di maschilità [Forzuti, fusti, maggiorati... e Alla corte di Re Luchino…], hanno un peso centrale.
RISULTATI DELLE RICERCHE