apprezzamenti
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"Un nuovo tipo di storia del cinema gay ... un modello di ricerca storica."
Richard Dyer, King's College London
"Un contributo impressionante agli studi queer e Italiani."
John Champagne, autore di Italian Masculinity as Queer Melodrama
altre ricerche
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vedi anche
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CINEMA E OMOSESSUALITÀ

RISULTATI DELLA RICERCA
LIBRI
Vista la prolungata diffidenza mostrata dall'accademia italiana nei confronti degli studi culturali in generale, è facile comprendere perché, fino ad anni recenti, il lavoro fatto per ricostruire una storia dell'omosessualità in Italia sia venuto da giornalisti e militanti estranei alle aule universitarie, con lavori spesso facili da squalificare da parte di un'istituzione deputata a dispensare autorizzazioni in funzione di precise regole di rigore. Più recentemente, l'importazione con scarsi margini di discussione delle cosiddette teorie queer rischia di spostare semplicemente il problema, autorizzando una speculazione teorica sovente autoreferenziale a scapito della ricerca storica e promuovendo letture non solo spesso prive di fondamento, ma disinteressate a cercarlo. Lo stato dell'arte conseguente, per quanto riguarda la storia del cinema italiano, è discusso nel saggio pubblicato negli atti del primo convegno che abbia cercato di fare il punto sugli studi sull'omosessualità nell'ambito italiano, tenutosi a Verona nel 2015 [Cinema e omosessualità in Italia tra la seconda guerra mondiale e la nascita del FUORI. Appunti per una storia da (ri)scrivere].
La necessità di superare anzitutto le diffidenze dell'accademia è una delle ragioni per cui ho cercato di coniugare studi culturali e filologia nelle ricerche su Luchino Visconti: intese com'erano a rimettere al centro del lavoro e dell'immagine pubblica del regista una componente trasgressiva troppo spesso sottovalutata, legata in particolar modo alla sessualità, era infatti inevitabile che l'omosessualità affiorasse come questione di primario rilievo.
Oltre a ritornare su Visconti grazie a nuovi documenti, ho successivamente ampliato lo sguardo attraverso il confronto con alcuni casi esemplari molto diversi tra loro – Comizi d’amore (1964) di Pier Paolo Pasolini [Parlavo vivo a un popolo di morti...], Profondo rosso (1975) di Dario Argento [Gli "strani gusti sessuali" di Carlo...], Dimenticare Venezia (1979) di Franco Brusati [L’anti-diva, l’anti-autore e una certa idea del pudore...] – e tramite percorsi storici più generali, particolarmente sulla cultura cattolica [Cattolici, cinema e omosessualità...], sulla censura [La figura è equivoca. Però…] e sugli anni '50 [Del tutto sconsigliabile per il nostro pubblico...], un decennio ritenuto a torto insignificante rispetto all'argomento dai pochi interventi critici precedenti.
L'ulteriore ricerca d'archivio, accompagnata da una vasta ricognizione delle opere (oltre 600), ha portato al volume Omosessualità e cinema italiano (edizione italiana, riveduta e accresciuta, di Homosexuality and Italian Cinema), un primo tentativo di ricostruire i rapporti tra cinema italiano e omosessualità nel secondo dopoguerra, argomento disertato dagli studi ma che appare tutt’altro che marginale nel contesto culturale del periodo, nel quale il cinema italiano inizia a mettere al centro del suo percorso evolutivo, in modo sempre più deciso, la sessualità. Il libro muove dalla necessità di superare il modello critico-valutativo dei pochi scritti cui la riflessione (tutta extra-accademica) era ferma, nonché uno sguardo limitato alle modalità di rappresentazione, in favore di un metodo che mettesse in dialogo molteplici aspetti dell'istituzione cinematografica, dal divismo all'organizzazione industriale, dal pubblico alla censura alla critica, con tutte le conseguenze che in ciascun caso si potevano avere sulle negoziazioni tra saperi dominanti, cultura popolare e rappresentazioni stesse, nell’intento di ricostruire una storia che tenesse conto anche di insospettabili piaceri e complicità e non solo di prevedibili repressioni e oppressioni.
Al di fuori del caso italiano, nel quadro di più ampie ricerche sul rapporto tra cinema e sessualità, ho studiato alcuni casi rilevanti, come la miniserie Angels in America (2003), adattata dall'omonima opera di Tony Kushner da Mike Nichols [That was Heaven… e L’epica nel cinema moderno e contemporaneo] o le contaminazioni con la pornografia del cinema queer contemporaneo [Dall’abiura di Pasolini all’Hard-core Art]. Mi sono inoltre a lungo occupato del modo in cui Alfred Hitchcock ha ricamato in Psycho (Psyco, 1960) sull'ambiguità sessuale del personaggio di Norman Bates, sfumando ma non abbandonando suggerimenti circa la sua omosessualità evidenti nell'omonimo romanzo di Robert Bloch [Alfred Hitchcock: Psyco]. Sommando alla sessualità problematica del protagonista istinti omicidi e turbe psichiche esemplate sugli insegnamenti della psicanalisi, e contrapponendogli un'eroina nevrotica nella quale difficilmente si può pensare di riconoscere un'alternativa polarità sana, Hitchcock concepisce una rappresentazione a tal punto malleabile e ambivalente da prestarsi a mezzo secolo di compulsive rielaborazioni, che sono l'oggetto di un altro libro, Nell’ombra di Hitchcock. Il volume ricostruisce tra l'altro le molte oscillazioni che la sessualità di Norman ha subito negli anni, tra sconfessioni e rimozioni della componente omosessuale e sue energiche riproposizioni, a seconda dei contesti e delle figure coinvolte.
Infine, mi interessa il modo in cui l'omosessualità è stata coinvolta nel discorso critico, ad esempio come fonte di un interesse per il cinema che non nasconde l'origine del suo sguardo (è il caso del pioniere della critica Parker Tyler [Desiderio e allucinazione…], di cui ho tradotto in italiano il primo libro, Hollywood Hallucination), oppure come "presa della parola", per dirla con De Certeau, da parte di una minoranza sociale, tanto in forma relativamente mimetizzata, come nel caso della rivista inglese Films and Filming [Una rivista equilibrata per spettatori intelligenti…], quanto in modo esplicito, con le riviste legate ai movimenti di liberazione omosessuale a partire dagli anni '50 [cap. 10 di Omosessualità e cinema italiano]. Ma è anche il caso delle riviste di estrema destra, che individuano nell’omosessualità uno dei loro obiettivi polemici più sentiti, tanto che influenza fortemente anche i loro discorsi sul cinema [Forzuti, fusti, maggiorati... e Alla corte di Re Luchino…].